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Wayne McGregor: "Dalla memoria al futuro: il pensiero fisico del corpo come archivio vivente”

Incontrato nel 2019 in occasione di "Woolf Works", riascoltiamo le parole del neodirettore della Biennale

Di Francesca Pedroni 03/11/2020
Wayne McGregor: "Dalla memoria al futuro: il pensiero fisico del corpo come archivio vivente”
Wayne McGregor a Venezia il giorno della nomina

In occasione della sua nomina a direttore della sezione Danza della Biennale di Venezia vi proponiamo alcuni estratti dalla lunga intervista che Wayne McGregor ci ha concesso in occasione del debutto italiano di Woolf Works nel 2019 e pubblicata in D&D n.285 e D&D International, nell'intento di offrire a chi lo conosce occasione di approfondimento e a chi lo scopre oggi, opportunità per comprendere la sua visione artistica (ndr.).

 

Ha una mente vorticosa, spronata da un'insaziabile curiosità per le arti, le neuroscienze, l'antropologia, gli esperimenti tecnologici, argomenti in cui si immerge con la genialità e imprevedibilità che appartiene ai grandi coreografi. Perché Wayne McGregor, nato a Stockport, nel Regno Unito, nel 1970, appassionato da ragazzino alla danza per via di John Travolta, fondatore della Random Dance nel 1992, oggi rinominata Company Wayne McGregor, nonché coreografo residente del Royal Ballet di Londra dal 2006, è uno dei più arditi e inventivi sperimentatori della scena coreutica del nostro tempo. Con lui il processo coreografico è in stretta relazione con il physical thinking (pensiero fisico), quell'intelligenza del corpo che nutre di stimoli il linguaggio e la sua elaborazione. 

Tanti gli impegni di Wayne McGregor in questi mesi, a partire dalla sua presenza in Italia con l'allestimento per il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Woolf Works... .Un occhio al resto del calendario di questo vulcanico artista dà la misura della sua attività tra i tour, con pezzi culto portati in scena dalla Company WayneMcGregor e da ensembles internazionali come FAR, Tree of Codes, Chroma, Autobiography (premiato anche dal nostro magazine come miglior spettacolo di danza contemporanea nel 2017 e di ritorno in Italia in aprile a Trieste e Cremona), e imponenti creazioni multidisciplinari come Adès & McGregor: A Dance collaboration, a Los Angeles il prossimo luglio. Senza contare le miriadi di progetti altri, tra cui brillano gli studi compiuti in tandem con lo staff di Google Arts and Culture Lab. sui processi creativi grazie all'analisi di materiali coreografici di Wayne compiuta dalle macchine Ai (Artificial Intelligence). Non facile trovare un momento libero nella sua agenda: in febbraio la compagnia è stata a Abu Dhabi, Miami, Arabia Saudita, Detroit. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a New York.

Iniziamo la nostra conversazione da Woolf Works. Quale è stato l'elemento della scrittura di Virginia Woolf che più ha influenzato il suo approccio alla creazione?
Virginia Woolf scrive come se componesse una coreografia o una partitura musicale, le sue parole rendono visibile un'atmosfera, un contesto che mi chiedevo come tradurre fisicamente. È ciò che ho pensato fin dal primo momento in cui ho riflettuto sulla possibilità di fare un pezzo su Virginia Woolf. Sentivo necessaria nel lavoro la presenza della sua figura e sapevo che sarebbe stata Alessandra Ferri... 

...Cosa ha visto in Alessandra Ferri che le ha fatto scegliere di lavorare con lei ?
Una delle doti più alte di Alessandra è la capacità di andare in profondità esprimendo fisicamente l'affondo interiore. Riesce a far emergere le emozioni in modo straordinario, persino stando ferma...Alessandra aveva danzato al Covent Garden a 19 anni, tornare a danzare a Londra nei suoi cinquant'anni ricordando i grandi successi avuti in quello stesso teatro la avvicinava allo sguardo di Virginia sul proprio passato, ma anche a quello della protagonista di Mrs. Dalloway, Clarissa, che ripensa alla sua giovinezza. Come loro Alessandra rivede se stessa nel tempo, ma per guardare avanti, nel futuro, è un nuovo inizio...[...] Portiamo sempre con noi tutte le nostre esperienze. Il corpo è una sorta di archivio. Portiamo con noi la nostra storia, viviamo nel presente e facciamo sogni sul futuro, tutto si mischia in modo non molto organizzato, in cui viviamo momenti di collisione. Ma è anche il bello della vita. Non è un modello perfetto, è sorprendentemente aperto e incontrollabile. 

Un tema che con altre sfumature appartiene anche a Witness, il duo che ho creato  per Ferri e il Principal dancer dell'American Ballet Theatre Herman Cornejo.
Sì, insieme sono incredibili. Quando guardiamo qualcuno che conosciamo molto bene, lo possiamo osservare con oggettività, come qualcuno che amiamo, pensandolo a come era dieci anni prima, a come sarà tra dieci anni, a come siamo noi stessi. Guardiamo dentro di noi, ma anche ci osserviamo da fuori ed è qualcosa che proviamo sempre anche quando danziamo. A volte viviamo la sensazione di ballare nel momento, dentro la danza, altre volte ci percepiamo ballare su un palcoscenico di fronte a un pubblico, come se ci guardassimo dall'esterno, siamo fuori da noi stessi o dentro noi stessi. È il potere della vita. È qualcosa che ha a che fare anche con come facciamo esperienza delle immagini, dei suoni, e io voglio provare a catturare la fragilità di quella sensazione. 

... A Copenhagen, con il Royal Danish Ballet, rimonterà AfteRite, il pezzo che ha firmato l'anno scorso per l'American Ballet Theatre. Sì, è un lavoro molto intenso che ho fatto su La Sagra della primavera di Stravinsky. Una madre (Alessandra Ferri) deve decidere quale dei suoi figli rendere libero e quale sacrificare. È un balletto difficile che richiede molto agli interpreti e che mette in luce la forza battagliera della figura della madre. È stata per me un'esperienza ispiratrice, sorprendente. Quando lavoro sono sempre alla ricerca di un processo stimolante, mi faccio domande continue. A volte i pezzi vengono bene, a volte meno, il nodo cruciale, determinante è la curiosità che mi fa intraprendere ogni volta un viaggio diverso. 

In luglio 2019 con la Los Angeles Philarmonic lei debutterà in un'altra importante produzione, Adès & McGregor: A Dance Collaboration. Su cosa si concentra questa volta? Lo spettacolo è una grande co-produzione del Covent Garden di Londra che coinvolge Thomas Adès, un incredibile artista, compositore e direttore d'orchestra. Io lavorerò con i danzatori del Royal sulla Divina Commedia di Dante. La prima parte della creazione debutterà questa estate a Los Angeles, la produzione completa a Londra nel 2020. Thomas, con cui avevo già lavorato in passato, sta scrivendo la musica, io sono stato recentemente a Firenze per farmi ispirare e rileggere ancora una volta alla luce di quella visita il favoloso testo di Dante. Sto però lavorando a un pezzo musicata da Adès per la mia compagnia, legato al progetto sull'Intelligenza artificiale che sto seguendo con Google Arts & Culture. 

Ci parli di questo esperimento con Google Arts…
Mi interessa sviluppare un Living Archive, un archivio vivente, a partire dalla memoria del grande materiale raccolto in 25 anni di lavoro. Con Google Arts, attraverso l'utilizzo dell'Intelligenza Artificiale come macchina per l'apprendimento, studiamo i processi delle decisioni coreografiche e fisiche e come i singoli danzatori si muovano in modo individuale, con un loro stile dentro il mio. Il lavoro è questo: un danzatore si muove di fronte a una camera che lo riprende scannerizzando un movimento originale di una coreografia che fa parte del mio Archivio. La macchina prospetta in tempo reale soluzioni successive al movimento proposto dal danzatore, soluzioni che nessuno ha sperimentato prima. Vedi te stesso danzare qualcosa che in realtà non hai mai fatto e la macchina può anche intrecciare movimenti che provengono da danzatori diversi. È estremamente interessante capire come poterlo sviluppare per la scena. 

Questo suo interesse per l'incontro tra artisti e studiosi immagino sia anche alla base del nuovo Studio Wayne McGregor aperto all' Here East al Queen Elizabeth Olympic Park, un luogo dove vivere l'arte come interconnessione di conoscenza tra danza, musica, cinema, arti visive, scienza, tecnologia. Sì, è uno spazio nato come un polo di ispirazione, uno spazio aperto, senza muri di divisione. Uno spazio condivisibile gratuitamente da altri artisti oltre a noi. Abbiamo un programma che si intitola FreeSpace in cui giovani artisti possono lavorare gratuitamente nello spazio, in cambio loro danno lezioni partecipando al nostro programma educativo. Creiamo una comunità. Per un giovane artista è importantissimo. Penso anche all'Italia. Nelle audizioni incontro sempre favolosi danzatori italiani, sono attratto costantemente dal livello del loro training, del loro rigore, preparazione, formazione. Sono però sorpreso che ci siano poche compagnie. Le nuove generazioni vanno sostenute.

In uno dei suoi cult, Autobiography, aveva lavorato sul corpo come archivio vivente. Due genetisti hanno sequenziato il suo DNA, trasformato poi in ventitré sezioni di coreografia, legate a esperienze determinanti della vita, mutate nell'ordine di esecuzione e interpretazione da un algoritmo sera dopo sera. 
È un'esperienza riproponibile anche su altri danzatori. Nella mia compagnia c'è chi è contrario, chi è molto incuriosito dall'idea di guardarsi indietro alla scoperta di quale sia il proprio percorso ancestrale. A me interessa capire come usare le strutture genetiche nell'organizzazione della danza e il fatto che ogni sera, grazie all'algoritmo basato sulla struttura genetica, la danza non sia mai la stessa mi piace perché nella vita continuamente rindirizziamo le nostre scelte. Quello che amo in generale è la trasformazione, non la descrizione. La danza ha in sé qualcosa di ambiguo, di misterioso, non funziona molto bene con la trascrizione letterale, tuttavia amo il significato letterale delle cose, mi interessa, perciò mi chiedo come creare un'atmosfera che si ancori a una struttura nella quale emerga un significato? È un argomento che mi affascina.

...Il corpo sperimenta molteplici stati dell'essere. Pensiamo alla chimica. Il corpo sperimenta continuamente processi chimici di flocculazione, sappiamo cosa comporta un picco glicemico, sappiamo che quando siamo nervosi abbiamo una scarica di adrenalina. Cambiamenti anche psicologici, che un dance maker esplora nel suo lavoro sul linguaggio del corpo. 

Chiudiamo su un grande maestro del Novecento: Merce Cunningham.
Negli studi dell'Here East stiamo ospitando una serie di workshop, conferenze, eventi ideati insieme al Merce Cunningham Trust in occasione della presenza al Barbican della performance Night of 100 Solos: A Centennial Event. Un programma educativo. A casa ho una grande foto di Merce Cunningham, la guardo ogni giorno quando mi sveglio. Ho sempre amato il coraggio di Cunningham, la sua ricerca costante in momenti di grande e minore popolarità. È stato per me una grande fonte di ispirazione e sono perciò felicissimo di questa collaborazione. 


 

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