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Andrea Crescenzi in creazione in Portogallo

Di Maria Luisa Buzzi 04/06/2025
Andrea Crescenzi in creazione in Portogallo
Andrea Crescenzi in prova con il Kayzer Ballet

Il richiamo all’invenzione del movimento lo sente da sempre, da quando ha iniziato bambino a danzare. Andrea Crescenzi, ventinovenne, coltiva parallelamente alla carriera di ballerino del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala la coreografia, spesso coadiuvato dai corpi di alcuni colleghi-amici come Linda Giubelli che ha seguito da interprete tutti i suoi passi autoriali a partire da Spectra, uno dei primissimi lavori datato 2019. Poi nel 2023 è arrivato Luce, la breve creazione realizzata per il Salone del Mobile di Milano che Manuel Legris, allora direttore del Corpo di Ballo della Scala, ha voluto inserire nella terza edizione del Gala Fracci. Un trio di successo interpretato da Linda Giubelli, Navrin Turnbull e Domenico Di Cristo che segna un passo importante per Crescenzi, sempre più fiducioso nei confronti della sua vena autoriale. Sebbene non pensi di lasciare il palcoscenico né l’ensemble milanese, accetta di buon grado - con permessi del suo attuale direttore Frédéric Olivieri - commissioni, come quella a serata in procinto di debuttare domani 5 giugno al Teatro Municipale di Covilhã, Portogallo, con il Kayzer Ballet, la compagnia junior fondata undici anni fa da Ricardo Runa. Il brano, per sei danzatori, si intitola Soul of Dust e chiude la stagione della compagnia, sempre pronta a nuove avventure autoriali: il prossimo anno Runa ha annunciato lavori di Marcos Morau e Marco Goecke. 

Andrea, “Soul of Dust” è la sua prima creazione a serata, come ha affrontato il progetto?
Dopo una serie di pezzi brevi, era naturale arrivare a creare un titolo più lungo, e l’occasione è stata la commissione del Kayzer Ballet. All’inizio ero un po’ spaventato: il timore non era tanto quello di non riuscire a portare a compimento la coreografia quanto di non esserne pienamente soddisfatto. E invece ora, a ventiquattrore o poco più dal debutto, posso dire che sono sereno. L’esperienza è stata molto positiva con i sei giovani ballerini della compagnia sebbene molto diversa dalla composizione con i miei colleghi della Scala. L’entusiasmo di questi giovani, la loro voglia di fare mi ha subito contagiato. Il Kayzer Ballet è una bella realtà in pieno sviluppo e spero di poter ampliare il lavoro in futuro con un numero maggiore di danzatori.

Il pezzo prende ispirazione da un tema non leggero, la perdita di memoria e l’Alzheimer, come mai questa riflessione?
Parte da un vissuto familiare e vuole essere una riflessione astratta e geometrica (nelle figure spaziali) sulla salute mentale in generale, sulla prigione che crea la malattia al pensiero, sulle ossessioni e le ripetizioni che attanagliano una mente malata. Una piccola indagine su quanto spesso non diamo importanza al tempo, ai ricordi.  

Dal punto di vista del linguaggio di movimento che tipo di ricerca sta svolgendo e come si è rapportato con i danzatori?
Il Kayzer Ballet è una compagnia di danza contemporanea aperta a diversi stili e con loro ho lavorato su un mix di linguaggi. Ultimamente mi ha molto affascinato Gaga. Ho frequentato un Summer Intersive a Orsolina28 qualche anno fa e mi sono innamorato del ‘concetto’, dell’approccio di Ohad Naharin alla genesi del movimento. Principi che traslo anche nella mia composizione insieme ad altro. In sala arrivo con del materiale ma poi è l’incontro con i danzatori a generare il tutto. Lavorare con i danzatori di Kayser è stato molto bello per la loro inaspettata reattività: 20 giorni intensissimi. Sono arrivato il Portogallo il 16 maggio e in due settimane la creazione era terminata.

Come musica ha scelto l’elettronica di Haas, un collettivo di Dj milanesi…
Anche Haas è un collettivo di ragazzi relativamente giovani, emergente del panorama milanese ed europeo. Uno di loro è mio cugino Christian con cui avevo già lavorato per Spectra e ho pensato fosse una buona idea coinvolgerli per questo progetto. La danza non nasce sulla musica né viceversa, tutto si è sviluppato parallelamente, sebbene a distanza di chilometri. Ci siamo dati delle ‘chiavi’ su cui lavorare e delle indicazioni generiche rispetto al concetto del pezzo. La loro composizione presenta un sound elettronico, a tratti inquietante, che ben riverbera la confusione della mente di cui volevo parlare. Era mia idea creare un ‘disturbo ‘ di sottofondo che fosse addirittura pre-esistente all’inizio dello spettacolo. Credo che il pubblico entrerà in sala con quei suoni già nell’orecchio. 

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