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Una nessuna centomila Cenerentole per Luciano Padovani

La favola diventa pretesto per un viaggio nelle relazioni. A Pisa in prima assoluta

Di Silvia Poletti 26/11/2019
Una nessuna centomila Cenerentole per Luciano Padovani
Una nessuna centomila Cenerentole per Luciano Padovani

PISA E' l'anno di Cenerentola. La programmazione della danza nazionale si riaffida alla celeberrima storia della ragazza umiliata che si riscatta grazie al riconoscimento della sua innocenza e annuncia almeno tre produzioni a lei dedicate. Mentre il Roma City Ballet gira l'Italia con la tradizionale lettura di Cannito (e l'ospite Virna Toppi nel ruolo della protagonista) e il Nuovo Balletto di Toscana sta per debuttare con la creazione omonima di Jiri Bubenicek (al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino il 15 dicembre), il Teatro Verdi di Pisa ha inaugurato la sua rassegna di danza 2019/20 con Cenere Cenerentola, produzione in prima assoluta del vicentino Luciano Padovani per Naturalis Labor.

Accantonato l'idioma tanguero che ultimamente aveva caratterizzato le sue produzioni, Padovani sceglie per questa piéce soprattutto un fluido linguaggio contemporaneo, fisico e potente, ma accurato, per tracciare una collana di sequenze e scene chiuse. Non c'è infatti nulla della favola del titolo, salvo brevi allusioni - la cenere che ricopre il palcoscenico, scarpe brandite come armi e come premi- e la struttura procede per scene concluse, in orizzontale, evocando situazioni diverse ma sempre incentrate sulle complesse relazioni tra uomini e donne, tra desideri, aspettative, timori e speranze.

Al centro spiccano infatti ragazze in lunghe vestine bauschiane, ora di semplice cotone, ora di raso cangiante, dai capelli doverosamente fluenti ad accompagnare le corse e gli avviluppamenti talvolta violenti, talvolta suadenti sui propri compagni.

Valzer che attraversano la scena come folate di vento, lasciano spazio a duetti in cui la relazione si sviluppa in un'alternanza di forze e di equilibri; sensuali abbandoni, con corpi scivolati e morbidi si alternano a veri e propri cimenti fisici in cui il muro/scenografia diventa ora un ostacolo insormontabile, ora un rifugio dove nascondersi e proteggersi.

Con un occhio alle drammaturgie bauschiane e un riferimento alla danza espressiva e sensuale del contemporaneo alla francese, su una collana di musiche che scivolano da Britten a Prokofiev, da Guonadottir a Tuur, lo spettacolo,che a lungo andare diventa però un po' troppo prevedibile nell'impianto drammatico, scivola comunque via sempre partecipato dai danzatori- che ovviano con impegno anche ad una strana cesura finale improvvisa e casuale – che certo andrà rivista.

foto G. Distefano

 

 

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