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Spartacus. Eterno volo per la libertà

in streaming dal Bolshoi il 18 aprile per celebrare Vladimir Vassiliev

Di Francesca Pedroni 18/04/2020
Spartacus. Eterno volo per la libertà
Spartacus. Eterno volo per la libertà

Per celebrare gli ottant'anni di una delle leggende del balletto russo, Vladimir Vassiliev, che fu iconico interprete di questo imponente balletto, il Teatro Bolshoi manda in streaming il 18 aprile Spartacus nella celebre versione di Yuri Grigorovich.

Oggi il balletto è eseguito da molte compagnie - dal Balletto di Astana al Bayesrische Staatsballett- ed è riconosciuto come capolavoro del balletto sovietico e punta di diamante della produzione del coreografo pietroburghese. Molti, dopo Vladimir Vassiliev, gli artisti che si sono confrontati con lo schiavo frigio - da Carlos Acosta a Sergei Polunin, da Ivan Vasiliev agli ultimi divi del Bolshoi. In attesa della visione streaming che il Teatro Bolshoi ha programmato per domani ( link qui)  vi proponiamo un estratto da un articolo di approfondimento, a cura di Francesca Pedroni- pubblicato su Danza & Danza 261 ( marzo aprile 2015).Buona lettura.

"Musica cinematografica di Aram Khachaturian, scene di massa trionfali, passi a due e assoli che raccontano attraverso la danza il nesso tra conflitti sociali e tragedia del singolo. Il tutto avvolto da un afflato eroico, legato alla sete di libertà. Questi alcuni degli elementi sostanziali sui quali nel 1968 debuttò al Bol’šoj di Mosca Spartacus nella versione di Jurij Grigorovič, interpreti principali una delle coppie storiche del Bol’šoj di allora: Vladimir Vasiliev e Ekaterina Maximova. 

Un balletto che da allora non è mai uscito dal repertorio della compagnia moscovita..

Spartacus ha nel repertorio del balletto sovietico una storia che si intreccia al rapporto tra arte e politica, come si evince anche dal bel libro di Christina Ezrahi, SI cigni del Cremlino. Balletto e potere nella Russia sovietica (Gremese editore, 2017).

 Dopo la rivoluzione del 1917, il balletto, in linea con il credo del realismo socialista, doveva trasformarsi in un’arte fondata sulla veridicità e sulla concretezza storica della rappresentazione artistica: qualità indispensabili a sollecitare nel nuovo pubblico di lavoratori la coscienza sociale del popolo. I titoli più adatti a questo fine erano quelli legati direttamente a qualche avvenimento simbolo della nuova Russia o a vicende storiche o mitologiche esaltatrici dello spirito rivoluzionario. 

Vari gli esempi. Nel 1932, per il quindicesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, è Vasili Vainonen a firmare a Leningrado un titolo esemplare del drambalet qual è Le fiamme di Parigi, titolo nel quale la Rivoluzione Francese è lo spunto di un balletto sulla libertà dalla monarchia e dagli oppressori e balletto riportato in auge nel 2008 da Alexei Ratmansky con due stelle come Natalia Osipova e Ivan Vasiliev.

 Spartacus offre tra gli anni Cinquanta e Sessanta un’altra storia adattissima a celebrare lo spirito eroico del popolo. 

Il compositore Aram Khachaturian inizia a comporre la musica per il balletto Spartacus nel 1951 per terminarla nel 1954. Il libretto è di Nikolai Volkov e si basa sul romanzo Spartaco di Raffaello Giovagnoli e sulla Storia di Roma – Le Guerre Civili di Appiano. La vicenda del gladiatore trace, che guidò la terza guerra servile scoppiata contro la Roma Imperiale e contro il condottiero Marco Licinio Crasso nel 73 a.C., ispira nella Russia sovietica quattro diversi allestimenti dello stesso balletto. Il primo vide la nascita al Kirov di Leningrado, con coreografia di Leonid Yakobson, gli altri tre al Bol’šoj, il primo per Mosca è di Moiseev e debutta nel 1958, il secondo, è del 1962 ed è di nuovo di Yakobson, l’ultimo, del 1968, è di Grigorovič. La decisione nel 1967 di produrre un nuovo allestimento di Spartacus, dopo tre tentativi ritenuti non pienamente soddisfacenti, ha, nuovamente, una ragione politica: nel 1967 sono passati 50 anni dalla Rivoluzione d’ottobre. 

Negli anni la decisione di avere dei balletti di “spirito sovietico” non era sempre andata a buon fine: il genere drambalet, prediletto dal realismo socialista, non riusciva a superare in successo e grandezza coreografica le produzioni nate all'epoca zarista, diventate, con il passare dei decenni, patrimonio d’esportazione anche della cultura sovietica. 

Grigorovič era alla testa del Bol’šoj dal 1964 e non tradì le aspettative. Il suo Spartacus esalta lo spirito rivoluzionario con uno stile in cui la pantomima è sostituita da una danza espressiva, che, tra imponenti scene di massa e assoli, fa procedere il racconto con agilità e passione. Restano negli occhi i salti imponenti nelle battaglie e nei confronti tra Crasso e Spartacus; come i movimenti giocati sulla torsione che narrano la sofferenza dei protagonisti (bellissimi gli assoli, chiamati monologhi, di Spartacus e Frigia). Le scene e i costumi di Simon Virsaladze, storico collaboratore di Grigoroviovič, ricostruiscono un’epoca, con scudi, lance, catene; la coreografia abbraccia la musica con intelligenza drammaturgica. Un balletto in tre atti e dodici scene che a ragione non è uscito dal repertorio. "

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