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A FIC Festival: "Pas de cheval-Un lamento" di Andrea Costanzo Martini

Di Maria Luisa Buzzi 13/05/2025
A FIC Festival: "Pas de cheval-Un lamento" di Andrea Costanzo Martini
Andrea Costanzo Martini e Francesca Foscarini in "Pas de cheval-un lamento" (ph. Eros Brancaleon)

CATANIA Esiste il Pas de chat, nel balletto, ma il Pas de cheval è un’invenzione recente dell’ironico e sempre sorprendente coreografo italiano, di stanza a Tel Aviv, Andrea Costanzo Martini. Anche Martha Graham aveva attinto all’immaginario del cavallo introducendo il prance tra i saltelli della lezione di tecnica, un esercizio ispirato proprio dall’impennarsi del quadrupede, ma in Pas de cheval – Un lamento si va ben oltre il passo. Nella sua ultima avventura creativa, condotta sulla scena insieme a Francesca Foscarini, Martini sposta l’attenzione dalla tecnica al danzatore/autore indagando con ironia la sua condizione nell’attuale sistema danza. Presentato in anteprima a Scenario Pubblico nell’ambito della sesta edizione di FIC, il bel festival diretto a Catania da Roberto Zappalà,  Pas de cheval – Un lamento alla ‘sudata’ formazione coreutica e alla maestosità dell’animale associa i concetti di dressage e di ansia da esibizione, il tutto sotteso da una insuperabile frustrazione, raccontata però con il sorriso.

Così Andrea e Francesca sono due centauri, un po’ cavalieri e un po’ cavalli, muniti di una lunga coda in testa. Cominciano la loro danza tenendosi ben lontani dalle due carote piazzate in proscenio, da “incassare”, come premio, soltanto a fine lavoro. Con leggerezza, attraversati da un amaro cinismo e da un voluto spaesamento che suscita il riso, Martini e Foscarini interpretano con maniacale precisione una danza serrata nell’unisono e ammaliante nel continuo cambio di registro accompagnata dai soli suoni da loro prodotti con la bocca: calpestio di zoccoli, galoppo, ostentato ruminare, trasformati presto in parola e dialogo. “Sono stanca Andrea, cosa facciamo?” domanda che sottende "se non riesco a continuare deluderemo il pubblico”. E ancora: “Non penseranno mica si tratti di uno spettacolo per bambini? Cosa ci inventiamo adesso per intrattenerli? Riusciremo a vincere un qualche Premio con questo lavoro?” Così, tra una battuta e l’altra, nell’incessante sforzo performativo, Martini riesce a far affiorare l’asprezza del sistema di cui il danzatore è pedina/vittima dai bisogni essenziali: apparentemente libero e bello, lo si fa contento con una carota! Dopo questa anteprima, il lavoro avrà la sua versione definitiva al Festival Visavì di Gorizia a ottobre, preceduta da due altre tappe preliminari a Civitanova Danza il 12 luglio e a OperaEstate il 24 agosto al Teatro Remondini di Bassano del Grappa.

Pas de cheval-Un lamento ha diviso la serata con un altro duetto avvolto in un’atmosfera più misteriosa: Ordinary People coreografato e interpretato da Juan Tirado & Marco Di Nardo. Fondatori di Frantics Co. in Germania, i due hanno incarnato la profondità dell’essere e il proprio caos interiore in una coreografia che vede all’inizio due corpi sfiorarsi appena e acquisire sempre più confidenza e spirito di resistenza all’altro. La musica elettronica di Andrea Buttafuoco è cupo sottofondo fino al momento in cui, accelerando il beat, tutto sembra esplodere nell’abbandono degli abissi dell’anima.

Il Festival ha inoltre presentato il frutto della residenza di due settimane della giovane autrice veneta Glenda Gheller con Ocram Dance Company, primo studio sulla nuova creazione che vede Pietro Di Salvo e Nunzio Saporito affrontare in tre diverse declinazioni il tema dell’amore. Il titolo è Love Parade dagli omonimi festival di musica nati negli anni ’90 a Berlino; la composizione originale, battente, si deve a Michele Piccolo e Massimo Lievore, decisiva spinta per gli interpreti a liberare sé stessi dall’oppressione e a far uscire dalla propria gabbia toracica (riprodotta a mo’ di pettorina sui costumi a nostro avviso da ripensare) una nuova celebrazione dell’amore, non necessariamente romantico, senza preclusioni. Nei quindici minuti composti, il movimento parte del centro del corpo, dal torso, sempre sinuoso e ondeggiante, per propagarsi agli arti e nello spazio, intreccia il voguing quando – inforcati occhiali scuri a specchio – si sfila a ritmo come in passerella. Con Gheller pulsa l’amore universale e la voglia di gridarlo al mondo. Attendiamo gli sviluppi.

 

 

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