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La "Bella addormentata" dark di Matthew Bourne

Da domani a Ravenna Festival

Di Sergio Trombetta 29/05/2013
La "Bella addormentata" dark di Matthew Bourne
La "Bella addormentata" dark di Matthew Bourne

Il brano completa la trilogia ciajkovskijana di Bourne che, oltre al “Lago” – già ripreso 2 volte anche in dvd -, ha realizzato uno “Schiaccianoci” di uguale successo ambientato in un orfanotrofio Dickensiano. Ma nei primi due casi però c’èra una storia su cui lavorare, mentre nella “Bella” il filo drammaturgico è piuttosto esile. Ma Bourne ha trovato una nuova chiave narrativa, la cui idea deriva da una visita alla Casa Museo di Ciajkovskij vicino a Mosca. “In quella stanzetta dove lavorava e dormiva il compositore – dichiara Bourne - ho capito che la Bella mi aspettava e davanti a sé aveva un bosco di betulle, le stesse che popolano la scena della visione che apre il secondo atto”.

Questa "Bella" comincia nel 1890, anno di nascita del balletto, in epoca vittoriana e finisce ai giorni nostri. E la prima immagine in controluce è della strega Carabosse con in braccio un fantolino. È lei che procura la pupa alla real coppia che non può avere bambini ma in compenso ha tanta boria. Da non invitare Carabosse al battesimo. Normale poi che se la prenda. Conseguente maledizione (il profumo avvelenato di una rosa nera), intervento salvifico delle fate (tre uomini, tre donne) che hanno grandi occhiaie nere e alucce bianche. Mentre la piccola Aurora dispiega la sua origine selvaggia, e incerta, scatenandosi con quanti più capricci possibile. È una splendida bambola meccanica azionata alla perfezione: scalcia, si dimena, si arrampica alle tende. In un ambiente vittoriano fatto di drappi damascati e velluti quasi soffocante.

Ventun anni dopo siamo in piena età edoardiana e la maggiore età della principessa si celebra con un garden party in un verde prato dominato lassù da una magione in stile Downton Abbey. Si balla il valzer e altre danze alla moda. Fra gli ospiti c’è anche un affascinante straniero. È Caradoc, figlio della strega Carabosse che era stata scacciata ed era morta in esilio. Questo il balletto non lo dice, lo dicono le didascalie tipo film muto ed è l’unico punto debole della serata: come sosteneva Balanchine in un balletto mai suocere e nuore. Caradoc è tornato per vendicare la madre. Ha un costume vagamente argentino. E porta all’occhiello una rosa nera. Qui però sboccia anche l’amore fra Aurora e Leo. E l’adagio della rosa è perfetto per un bel passo a due. Segue fattaccio, con rosa avvelenata, deliquio di Aurora e provvidenziale morso sul collo di Leo da parte del conte dei Lillà.

Cento anni dopo, cioè oggi, fra boschi di betulle, una Disco infernale e un Sabba, si scatenerà, fra il guardacaccia e Caradoc, una lotta disperata per avere il cuore (metaforico/reale) della fanciulla. Su sviluppo e conclusione meglio tacere. È un thriller, no? Quel che si deve aggiungere è che questo plot così complesso scivola via come un meccanismo ben oliato nelle mani coreografiche e registiche di Bourne, che conferma qui al massimo la sua capacità di fare teatro e trasformare i suoi portentosi ballerini in attori. Scene e costumi stupendi di Lez Brotherston. Sulla musica di Ciajkovskij Terry Davies ha fatto un incredibile lavoro di taglia e cuci.

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