Firmamento di Marcos Morau al Grande di Brescia
04/10/2025
BRESCIA Se avete voglia di farvi stupire non perdete Firmamento di Marcos Morau. Lo spettacolo ideato per la sua compagnia La Veronal torna in Italia, ospite del Teatro Grande di Brescia il 15 ottobre. Il lavoro del coreografo valenciano è un invito a ritrovare quell’istinto all’immaginazione che può essere salvezza e sfida a ciò che sfugge o che spaventa.
Così scrive la nostra direttrice nella recensione al debutto italiano al Festival Oriente Occidente di Rovereto: "... Un sogno fantastico, di crescita (e speranza?) individuale e per l’umanità, il suo Firmamento, dedicato agli adolescenti e all’età di passaggio, a quel momento delicato in cui dobbiamo abbandonare i giocattoli e le sicurezze dell’infanzia per aprirci al mondo. Pensato per e con gli ineguagliabili, gommosissimi, danzatori de La Veronal, Firmamento usa l’associazione analogica dei sogni per raccontare la sua bizzarra storia e condurre lo spettatore in un continuum di scene dentro cui la creatività sembra non esaurirsi mai. Ottanta minuti di ‘viaggio’ in tre differenti scenari, a loro volta in costante trasformazione: un bizzarro laboratorio da dott. Coppelius ricco di interruttori, botole, giradischi, luci, suonatori di fisarmonica, trenini, pupattoli; una sala cinematografica, svelata con colpo di genio, dove scorrono le prime immagini della relazione con il mondo in un bellissimo disegno animato (adolescenza/età adulta); una scatola bianca abbacinante, artica - dentro c’è un Inuit – e un televisore a segnare l’incontro con l’intera umanità, anche quella più remota.
In tutta questa trasformazione c’è il messaggio che Morau vuole lanciare ai giovani, c’è l’eredità dei progressi umani nei secoli dall’architettura alla filosofia, dalla tecnologia all’arte, come ricorda il bel testo poetico di Carmina S. Belda e Pablo Gisbert recitato da una voce off; ma anche la rimembranza che siamo tutti dei sopravvissuti di grandi movimenti migratori, di carestie e pandemie, ma non per questo creature arrendevoli. Non smetteremo mai di cercare nuove sfide, non smetteremo mai di desiderare (de-sidera, dal latino “sentire la mancanza delle stelle”) come ci ricorda la scena finale".
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