Come danza la nuova Africa?
scoprilo con gli spettacoli di Masilo, Onikeku, Canda, Xaba e Myamza
05/11/2013Dal Sudafrica, dalla Nigeria, dal Mozambico. Con ironia, con spirito di rivolta, col bisogno di riappropriarsi delle proprie radici. Come e perché danza la nuova Africa? Le risposte, in queste settimane, arrivano con Dada Masilo, Qudus Onikeku, Panaibra Gabriel Canda, Nelisiwe Xaba, Mamela Nyamza e i loro spettacoli in programma fra il 6 e il 17 novembre a Roma, Palermo, Catania: un manipolo di compagnie portate da FranceDanse. Ma l’Africa invade anche Parigi, al Teatro del la Ville che si concentra su Senegal e Dakar; con il Festival d’Automne che punta il suo obiettivo sul Sudafrica invitando molti artisti nelle diverse scena della città.
Da noi ad aprire le danze, dal 6 al 10 novembre a Romaeuropa è Dada Masilo, che ormai è di casa in Italia. Il suo “Dada Masilo’s Swan Lake” è diventato un hit. Dopo il debutto la scorsa stagione ad Aperto a Reggio Emilia è richiestissimo e sarà nei prossimi mesi a Trento e Ferrara. Ancora un Lago dei cigni. Ma in salsa africana e dove la coreografa e protagonista nei panni di Odette ha a che fare con un principe gay che preferisce un Odille muscoloso e dai potenti addominali. Tutto intorno i suoi stupendi danzatori in tutù e piedi nudi evolvono sulle note di Ciajkovsky, ma anche di Arvo Part. Mandando a farsi friggere lo stile accademico, scatenandosi in una danza molto più tribale, portando in evidenza i temi forti che non sono soltanto l’omosessualità, ma anche l’Aids che continua ad essere una piaga per il Sudafrica. È per questo mix fra divertente e serio che rende lo spettacolo degno di tutto il successo che sta riscuotendo. (vi invitiamo a leggere su Danza&Danza di novembre l'intervista alla protagonista).
“Mio padre ha visto arrivare i coloni. È nato sotto la colonizzazione, all’epoca parlare Yoruba , essere Yoruba non andava bene. Bisognava parlare inglese”. Per recuperare la propria identità Qudus Onikeku, nigeriano di Lagos, si è messo in viaggio col padre verso Abeokuta, il villaggio natale della sua famiglia. Ha scoperto che “La cultura Yoruba ci insegna a mescolarsi con “l’altro” senza perdersi”. Ne è nato “Quaddish” spettacolo in equilibro fra Africa e Europa, un "intreccio con l’altro senza perdersi”, che accanto alla danza arrabbiata di Qudus pone come colonna sonora il “Kaddish” di Maurice Ravel. È in scena al Palladium di Roma il 16 e 17 novembre, ma ha visto la luce, come primo studio, due anni fa, a Torino alla rassegna Confluenze dell’Unione Musicale.
L’identità del corpo africano oggi, che ha assorbito inevitabilmente le influenze europee e colonialiste, è anche al centro del lavoro di Panaibra Gabriel Canda, che arriva dal Mozambico e che sarà al Palladium di Roma e al Libero di Palermo con “Time and Spaces: the Marrabenta Solos”. Canda proviene da un paese che, liberatosi dalla colonizzazione portoghese nei ’70, è passato attraverso un regime comunista per poi approdare alla democrazia. Tutto questo sembra mescolarsi nella Marrabenta, forma musicale sviluppatasi negli anni 50 che serve a Canda per raccontare la propria identità.
Una identità ibrida è anche quella che emerge in “Hatched” il solo di Mamela Nyamza che si racconta come madre e come danzatrice. Ma c’ è anche chi non perde di vista mortificazioni e persecuzioni come fa Nelevise Xaba che in “They look at me and that’s all they think” rievoca la storia di Sara Baartman, la “Venere ottentotta” , per le sue forme esagerate “deportata in Europa” nell’800, trattata come una curiosità da baraccone e tornata d’attualità di recente con il film “La venere nera” di Abdellatif Kechiche.
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