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Aspettando il Bolshoi. Denis Rodkin, un principe bello e tenebroso

Il Premio Danza&Danza 2016 sarà Solor alla Scala accanto a Zakharova

Di Valentina Bonelli 31/08/2018
Aspettando il Bolshoi. Denis Rodkin, un principe  bello e tenebroso
Aspettando il Bolshoi. Denis Rodkin, un principe bello e tenebroso

INTERVISTA PUBBLICATA SU D&D n.269

giugno/luglio 2016

Il 2016 è l’anno di Denis Rodkin. Il venticinquenne Primo ballerino del Balletto Bol’šoj è attualmente l’artista più in vista della compagnia: a Mosca sono sue le prime importanti e le trasmissioni live al cinema, già protegé di Nikolaj Tsiskaridze che gli fece da maître, oggi è il favorito di Jurij Grigorovich,di cui interpreta i classici e i ballet-dramas.

Anche il nuovo direttore, Makhar Vaziev, gli ha messo gli occhi addosso, tanto da averlo scelto per inaugurare la tournée a luglio alla Royal Opera House di Londra in Don Chisciotte e poi nel Lago dei cigni: un appuntamento storicamente importantissimo per il Bol’šoj, la chance del lancio internazionale per il giovane ballerino. In Italia non sarà sfuggita la sua avvenente presenza, come Paolo nella Francesca Da Rimini di Possokhov nei Gala con Svetlana Zakharova, che anche nei classici l’ha ormai eletto a suo partner preferito.

Proprio in occasione dello spettacolo Amore abbiamo incontrato l’emergente artista al Teatro Regio di Parma, dove ha confermato le doti di prestante danseur noble, unite ad una personalità scenica che trascende l’immagine di Adone del balletto. Di persona Denis è un ragazzo affabile, sincero, e anche spiritoso, conscio del momento di svolta che sta vivendo ma tranquillo e fatalista nell’affrontarlo, certo fiducioso del proprio talento.

Per farla conoscere ai nostri lettori: ci racconta come ha scoperto il balletto nella sua città natale, Mosca?
Non provengo da una famiglia di ballerini: mia mamma insistette, praticamente mi costrinse, io all’inizio non ne volevo sapere ma poi a poco a poco mi feci coinvolgere e oggi mi piace molto quello che faccio. Iniziai a praticare step-dance all’età di 8 anni, poi frequentai un corso di danza dilettantistica presso la famosa compagnia di danze nazionali Gzel’, che proprio allora organizzò una scuola professionale di balletto classico per ragazzini. Qui mi diplomai come artista di balletto professionista, a 18 anni.

Come entrò al Bol’šoj?
Semplicemente mi presentai a un’audizione. Venni accettato nel corpo di ballo, mi dissero per via della mia statura, perché avevano bisogno di partners per ballerine alte, ma senza promettermi niente. Dopo qualche tempo Nikolaj Tsiskaridze mi notò e iniziammo a lavorare insieme: un anno dopo debuttai come Uccellino azzurro nella Bella addormentata. I miei esordi coincidettero proprio con il grande scandalo dell’acido, del quale però non parlerò perché si è già detto tutto.

Ma come lavorò con una personalità forte e discussa come Tsiskaridze?
I rapporti tra noi sono sempre stati buoni e lo sono rimasti tuttora. Certo Nikolaj si rivolgeva a me non come a un artista del balletto ma come se fossi ancora un ragazzo che stava studiando. Era molto duro come insegnante, pretendeva molto: mi diceva: “se ballerai bene ti faranno i complimenti, se ballerai male criticheranno me”.

Adesso invece con che insegnanti si prepara?
Spartacus e altri ruoli di carattere li preparo con Jurij Vladimorov, i balletti più classici con Aleksandr Vetrov.

Come lavora con Grigorovich?
È il tipo di persona che definirei della vecchia scuola sovietica, ma ama molto i giovani. Certo vuole sempre i risultati molto velocemente. Jurij mi notò e per 4 mesi preparammo insieme Spartacus: un balletto che richiede grande maturità. Trovò in me le qualità che cercava: una ricca vita interiore che si veda anche all’esterno, e mi affidò questo ruolo. Poi fu la volta della Leggenda dell’amore: quando l’avete visto al cinema, in diretta, lo danzavo solo per la seconda volta. Ma posso dire di esserne soddisfatto, visto che tutto andò per il meglio e il pubblico lo accolse bene. Di Grigorovichinterpreto anche il Principe Kurbskij in Ivan il Terribile. Jurij Nikolaevich ritiene che se l’artista cresce anche lo spettacolo cresce e per tutti i suoi balletti mi ha sempre fatto i complimenti, dicendo che stavo veramente crescendo.

 

Ma lei si sente più principe o più personaggio esotico?
Mi sento bene in tutti i ruoli.

È contento del nuovo direttore?

Molto contento, mi piace: ha provato con lui, mi ha dato importanti suggerimenti, e alcune cose che non riuscivo a fare ora vengono: è un buon segno.

Ma qualche interesse per la coreografia contemporanea ce l’ha?

Non posso dire di esserne fanatico: finché potrò ballerò il classico, ma mi piace alternarlo a qualche titolo di oggi, per aprirmi nuove possibilità fisiche e aumentare la coordinazione. Ritengo che in tutti i teatri ci debbano essere balletti contemporanei, ma mai predominanti rispetto al repertorio classico.

A proposito di autori di oggi: con Possokhov come è andata?

All’inizio non è che ci amassimo molto, tanto che mi tolse dal primo cast di Un Eroe del nostro tempo. Ma dopo il debutto di Francesca da Rimini a Modena mi disse che gli ero piaciuto molto e che lo spettacolo era andato veramente bene, così anch’io ho cambiato idea su di lui. Questo balletto mi piace molto e sono orgoglioso anche del fatto che sia di un russo che lavora in tutto il mondo.

Con le partners come si trova?

Più di ogni altra mi piace ballare con Svetlana Zakharova, ma sinora sono stato fortunato perché mi sono trovato molto bene con tutte. Certo so che se dovesse capitare una partner pesante toccherebbe a me, vista la mia prestanza fisica…

Oltre al balletto cosa le piace?
Mi piace molto viaggiare, andare per il mondo, confrontare i paesi e le culture. L’Italia mi colpisce sempre: benché sia una nazione piuttosto piccola le città e le persone sono così diverse! Proprio per viaggiare scelgo spesso di danzare come ospite di altre compagnie, anche minori, che fanno più tournée del Bol’šoj. Perché, finché siamo giovani, a noi ballerini piace far vedere a tutto il mondo quanto siamo bravi.

 Foto di Sila Avvakum

 

 

 

 

 

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