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Teatro alla Scala: stelle e primi ballerini per il Gala di riapertura

il ritorno sul palco del Piermarini della danza

Di Maria Luisa Buzzi 14/10/2020
Teatro alla Scala: stelle e primi ballerini per il Gala di riapertura
Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko in "Carmen" (ph. Brescia-Amisano)

MILANO Con una parata di stelle, il ballo alla Scala si riappropria del Piermarini. Dopo sette lunghissimi mesi di assenza dal palcoscenico è un Gala (format al momento più sicuro) pensato dal direttore uscente Frédéric Olivieri, la prima scintilla della ripartenza a cui farà seguito a fine ottobre, dal 29, la ripresa di Giselle: e lì, di certo, tutto il Corpo di ballo potrà ri-schierarsi, non solo Primi ballerini ed Etoiles.

Pubblico più che dimezzato - 670 persone a fronte dei 2000 posti – e Orchestra sul fondo del palcoscenico a garanzia di maggior distanziamento rispetto alla buca suscitano sentimenti contrastanti: all’emozione palpabile dell’essere finalmente dentro il teatro al crescente disorientamento dato dai tanti posti vuoti intorno. L’impatto, però, all’alzata di sipario con l’Orchestra sul fondo del palco illuminata ad arte è notevole sebbene il direttore David Coleman debba fare prodezze per voltarsi a seguire i ballerini continuando a dirigere. Ne consegue qualche indugio di troppo nei tempi d’esecuzione, ma poco importa: il messaggio della serata era ‘ci siamo, riapriamo alla danza’. Lo si comprende bene dalla scelta di aprire con lo spumeggiante pas de trois dal II atto del Corsairecon Martina Arduino accompagnata da Marco Agostino e Mattia Semperboni nel vorticoso ruolo di Alì. Dall’esotismo si passa poi alla contemporaneità più spinta con Do a Duet di Mauro Bigonzetti, unico inedito della serata. Affidato ad Antonella Albano e Maria Celeste Losa in tutù nero, il pezzo è una sfida dinamica con le interpreti spremute nelle giunture fino alla contorsione. Nulla di anomalo, siamo in pieno stile Bigonzetti sull’Allegro con brio della Sinfonia n.25 di Mozart. Cammeo lirico, di estrema difficoltà tecnica, il solo dal II atto di Bella addormentata di Nureyev interpretato da Claudio Coviello: qui il lirismo dell’interprete emana anche un nostalgico bisogno di rivedere quanto prima anche il contesto che avvolge la variazione. Bizet riscalda gli animi con l’apparizione del seduttivo Don José di Timofej Andrijashenko, un vero rientro per lui post Covid e infortunio, insieme all’ammiccante Carmen di Nicoletta Manni, omaggio del Teatro a Zizi Jeanmaire, a qualche mese dalla scomparsa. Escalation di étoiles nella seconda parte di gala con Svetlana Zakharova a reincarnare con sensibilità Anna Pavlova ne La morte del cigno; Alessandra Ferri e Federico Bonelli nel palpitante passo a due del III atto di Le Parc di Preljocaj accompagnati da Roberto Cominati al pianoforte e Roberto Bolle sul tavolo infuocato del Boléro di Béjart-Ravel con lo stuolo di boys a torso nudo intorno. Un crescendo parossistico musicale e di corpi prestanti a cui il pubblico non rimane indifferente.

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