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Shantala, dea indiana dell’oscurità

in "aSH" di Aurélien Bory. Annullate le recite a Torinodanza per caso di Covid

Di Giuseppe Distefano 17/10/2020
Shantala, dea indiana dell’oscurità
"aSH" di Aurelien Bory (ph. Aglae Bory)

Shantala Shivalingappa avrebbe dovuto ritornare in Italia con l'assolo "aSH" creato su di lei da Aurélien Bory, su percussioni live di Loïc Schild. Era attesa alle Fonderie Limone di Moncalieri, il 22 e 23 ottobre 2020 per la chiusura di Torinodanza 2020. Oggi è stata annunciata la cancellazione dello spettacolo. Qui di seguito riportiamo comunque la recensione del lavoro pubblicata sul DANZA&DANZA magazine.

ROMA Il suo teatro è “arte nello spazio”, relazione tra gli uomini e l’esterno, con la natura, con l’universo. Regista, scenografo e coreografo, persona coltissima che di drammaturgia, filosofia, architettura e fisica, ha fatto una sola arte, Aurélien Bory ha intrapreso in questi anni un percorso dedicato a tre figure femminili nelle quali arte e vita si confondono. Dopo Kaori Ito e Stéphanie Fuster, ecco l’indiana Shantala Shivalingappa, già danzatrice di Pina Bausch, nello spettacolo AsH (al Romaeuropa Festival). Per lei e su di lei Bory ha creato un ingegnoso dispositivo interattivo: un gigantesco foglio di carta posto sul fondo come una skené, installato davanti ad una struttura metallica e sonora (che sarà svelata solo alla fine). Al centro del telo disteso fino a terra - l’origine del teatro -, si situa la danzatrice in un continuo confronto col paesaggio sonoro generato dalla macchina scenica battente contro la carta, la cui forma, plasmata da una drammaturgia di luci radenti, muta di continuo. Sembra parlare, sbuffare, respirare. Disegna volumi al ritmo delle percussioni (di Loïc Schild) e dei movimenti di Shantala, presenza magnetica sovrapposta alla figura di Shiva, divinità creatrice e distruttrice, che comanda la vitalità di quel drappo. Che si gonfia, si espande, avanza, si piega, indietreggia, si placa. Sui passi tradizionali della danza indiana Kuchipudi, Shantala innesta una gestualità eseguita tutta verticale richiamando, nelle posture piegate, un linguaggio astratto di echi ancestrali. Ed è ipnotico il volteggiare delle sue braccia, il morbido, limpido fluire delle linee e le curve del corpo chiuso nel lungo abito. Spargendo prima dell’acqua e dopo la cenere, con un moto circolare dei piedi Shantala traccia dei segni che dipingeranno una grande spirale mostrata nel momento in cui il telo, imponente, sarà alzato frontalmente. Strisciando e battendo contro di esso, la danza di Shantala sembra evocare una lotta. Lo strapperà dalla struttura piegandolo a terra, facendosi sommergere e scomparendovi sotto per riemergere dal fondo - forse naufraga di un mare ostile, o una rinascita -, in piedi davanti alla grande macchina tonante, adesso anche illuminata. 

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