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Dal laboratorio alla vita, con ribellione: La "Coppél-I.A." di Maillot

Al Grimaldi Forum in prima mondiale con Les Ballets de Monte-Carlo

Di Maria Luisa Buzzi 02/01/2020
Dal laboratorio alla vita, con ribellione: La "Coppél-I.A." di Maillot
Dal laboratorio alla vita, con ribellione: La "Coppél-I.A." di Maillot

MONTE-CARLO L’immaginario è quello futuribile di Metropolis di Fritz Lang e di Blade Runner di Ridley Scott con tanto di partitura da film al servizio delle immagini (di Bertrand Maillot) evocante qua e là i temi musicali di Léo Delibes. Si presenta al pubblico del Grimaldi Forum così la nuova Coppél-I.A.di Jean-Christophe Maillot, lontana anni luce dallo stile Secondo Impero dell’archetipo nato dall’estro di Arthur Saint-Léon e Léo Delibes a Parigi nel 1870.

Ritornato al balletto narrativo, dopo i successi della Megère apprivoisée entrata anche nel repertorio del Balletto BolshoiMaillot proietta lo spettatore nell’oggi – l’immaginario di Lang è quasi realtà nel 2020 – dove ‘agli occhi di smalto’ della bambola scaturita dal libretto di E.T.A. Hoffmann si sostituiscono giunture cyborg, movimenti robotici dei più avanzati automi dalle sembianze umane.

E la sua Coppél-I.A. (la bravissima Lou Beyne) è infatti una donna dalla bellezza mozzafiato, longilinea, statuaria, in tuta color carne sulla quale si intravedono giunti metallici. È il suo movimento meccanico e dinoccolato – sapientemente descritto nel bel prologo - a farci capire che è il frutto di un lavoro di laboratorio la cui ‘freddezza’ emotiva è scontata. Eppure, sembra una di noi, e sa suscitare amore: del suo creatore Coppelius (il convincente Matèj Urban), del giovane Frantz (il guizzante italiano Simone Tribuna), promesso sposo a Swanilda (Anna Blackwell) che invece brucia di gelosia quando la trova in compagnia del suo amato, in una scena in cui l’automa sembra per la prima volta umanizzarsi.

Il primo atto scorre in frizzanti ensembles dove Swanilda, Lennart, il suo confidente, con gli amici si ritrovano gioiosi per le imminenti nozze con Frantz. La compagnia monegasca interpreta con disinvoltura le veloci sequenze e i giochi d’insieme coronati dagli imponenti costumi di Aimée Moreni strutturati tra lo stile Bauhaus (il tema della spersonalizzazione è condiviso) e rimembranze di maschere della tradizione carnevalesca come Pulcinella.

Il secondo atto si apre nell’oscurità del laboratorio di Coppelius, dentro cui troneggiano strani cilindri da ‘teletrasporto’ argentati e gli automi/prototipi che a differenza di Coppél-I.A. non hanno dato segni particolari di ‘trasformazione’. Swanilda e i suoi amici fanno irruzione, si scatenano nuovamente danze corali e persino lotte tra gli automi e gli intrusi fino a quando Frantz intuisce che Coppél-I.A. si è innamorata di lui e 'amoreggia' con lei.

Per Coppelius l’affronto è inaccettabile, scaccia Frantz e si scaglia dunque contro il suo robot prediletto. Ma Coppél-I.A non soccombe: si accascia per un attimo, poi si libera di colui che l’ha messa al mondo per scomparire nel bianco abbagliante fatto affiorare dall’apertura orizzontale della scenografia. Come davanti al portellone dell’astronave Enterprise scopriamo anche noi dalla platea una nuova galassia. Applausi scroscianti per Maillot e per i suoi Ballets de Monte-Carlo.

 

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